I post precedenti sono i seguenti:
» Emetofobia [prima puntata]
» Emetofobia, la resistenza [seconda puntata]
» Emetofobia, l’evitamento [terza puntata]
» Emetofobia, parentesi farmacologica [quarta puntata]
» Emetofobia, il senso di frustrazione [quinta puntata]
» Emetofobia, una domanda inattesa [sesta puntata]
» Emetofobia, subito sotto la superficie [settima puntata]
E’ passato parecchio tempo dall’ultima volta che ci siamo visti. Purtroppo giornate lavorative molto intense sono l’ingrediente perfetto per far sfumare anche quel minimo di voglia necessario per sedersi al PC (magari dopo cena) e scrivere l’ultima cosa che ti passa per la testa.
Avevo promesso un ultimo post sull’argomento emetofobia ed eccolo qui.
Nella precedente puntata avevo espresso alcune delle mie intuizioni sulla fobia del vomito alla luce dell’esperienza accumulata soprattutto durante le mie meditazioni. Riassumo in poche parole: dopo diverso tempo ho compreso che il vomito era uno strumento dell’ansia. Ma che vuol dire veramente uno strumento ? Vuol dire che la fobia da vomito è solamente un burattino, un attore. E’ ciò che vediamo in superficie perché si manifesta. Il vero burattinaio però, cioè colui che muove i fili, il regista di tutto, se ne sta ben celato nel profondo della psiche. Comprendere questa cosa consente di fare il primo dei passi: spostare l’attenzione dalla fobia e chiedersi cosa vuole comunicarci.
Mi rendo conto che per molti questo discorso potrebbe sembrare al limite del filosofico. Forse lo è in una certa misura, ma se ci si libera dei pregiudizi e si consente al burattinaio di venire a galla si potrà intraprendere un percorso fino ad ora mai nemmeno ipotizzato.
Non ho certo la pretesa di dire agli altri come comportarsi. Non è il mio compito! Vi dirò cosa ho fatto io. Ho accettato di dover trascorrere del tempo in compagnia del fervore, dell’agitazione, dei brutti pensieri e di tutto quello che questo comportava. Insomma mi sono seduto sulla poltrona e mi sono goduto lo spettacolo. Ho cercato di stare con le mie emozioni sgradite senza SE e senza MA in pieno e totale ascolto. Cosa avranno di importante da dirmi ? sono disposto ad ascoltarle ? e come le sento ? si manifestano nel corpo o a livello emotivo ?
Ecco, tutto buone domande che ho cercato di rinnovare in quei momenti. Se l’ansia si manifestava nel corpo portavo la mia consapevolezza al corpo e osservavo come si evolveva. Se si manifestava a livello emotivo facevo lo stesso con l’emozione senza intralciarne il suo lavoro. Alle volte era un mix di entrambi. Certo la mente rema contro di continuo. Questo vuol dire che ho dovuto costantemente liberarmi dal tentativo di giudicare cosa stavo provando o dell’impulso di cercare una via di fuga. per tentare di calmarmi. Dopo un po’ di tempo mi resi conto che iniziai ad essere meno coinvolto da ciò mi accadeva. Era come osservare me stesso dall’esterno. Potevo sentire la paura senza essere impaurito o la tristezza senza essere triste. E’ probabilmente tutta qui l’essenza della meditazione: consentire a se stessi di provare quello che c’è senza farsi trascinare via dalla corrente.
Non fu certo una cosa così semplice come qualcuno potrebbe pensare. Ma lentamente mi rendevo conto che la fobia del vomito perdeva forza fintanto che un giorno, alcuni mesi dopo, mi coricai a letto dopo una cena di compleanno piuttosto impegnativa e con lo stomaco ancora pieno pensai che stavo bene. Che ero contento di come era trascorsa la serata. Fu davvero un momento di grande felicità e di completezza. Compresi allora che il percorso intrapreso mi aveva aiutato ad uscire dal guado. Ma soprattutto, mi avevo permesso, davanti al disagio, di non voltarmi dall’altra parte.