Emetofobia, la resistenza [seconda puntata]

I post precedenti sono i seguenti:
» Emetofobia [prima puntata]

Secondo la mia esperienza la caratteristiche principali della persona affetta da emetofobia sono 2: resistenza ed evitamento. Questi due elementi assolvono contemporaneamente due compiti: consentono di ridurre al minimo il rischio di vomitare attraverso il controllo e alimentano la fobia. Un paradosso micidiale, non crede anche voi ?

Vediamo la resistenza. Non parlo di quella psicologica, intesa come il rifiuto nei confronti del vomito, quanto di quella fisica, dal momento che nel corso del tempo ho messo in moto una serie di azioni che mi hanno consentito di controllare lo stimolo meglio di quanto possa fare una persona che affetta non è.

Non so per certo quante volte io abbiamo vomitato in vita mia, ma i casi che ricordo sono solamente 3; un numero piuttosto significativo se si considera che è sufficiente prendere un virus intestinale per dar di stomaco in un giornata anche più volte. Guardando questo numero superficialmente si potrebbe pensare che questa sia una caratteristica vantaggiosa a maggior ragione se si è affetti da detta fobia ma in realtà è un’arma a doppio taglio. Poiché l’essere più resistenti all’atto infonde fiducia di poter meglio gestire le situazioni e si finisce per innescare un circolo vizioso lento, inesorabile, pericoloso che chiamerei strategia del controllo nr. 1: più resistenza uguale più possibilità di controllo uguale più ansia che a sua volta richiede più resistenza.

Sebbene questa equazione sia stata sotto i miei occhi per moltissimi anni non sono mai stato in grado di analizzarla il tempo necessario a scorgere il paradosso di cui parlavo ad inizio post. L’unico mio pensiero era placare lo stimolo – che il più delle volte era solo una manifestazione dell’ansia stessa – sorseggiando bevande calde per spingere giù qualsiasi cosa fosse voluta venire su, camminando per casa anche nel pieno della notte fino allo sfinimento perché la sensazione di malessere migliorava, reprimendo lo stimolo con uno sforzo cosciente. Tutto questo fino a che l’ansia e/o il malessere fosse passato.

Il prossimo post sarà sull’altra caretteristica: l’evitamento.