I post precedenti sono i seguenti:
» Emetofobia [prima puntata]
» Emetofobia, la resistenza [seconda puntata]
» Emetofobia, l’evitamento [terza puntata]
» Emetofobia, parentesi farmacologica [quarta puntata]
» Emetofobia, il senso di frustrazione [quinta puntata]
» Emetofobia, una domanda inattesa [sesta puntata]
Come ho scritto nell’ultimo post sull’emetofobia durante una meditazione serale una domanda inattesa (così ho intitolato il post) ha aperto una grossa crepa nel muro della paura del vomitare. Si è trattato di una domanda inattesa poiché è arrivata dall’interno senza che io me ne potessi quasi rendere conto. Era una riflessione assai semplice e al tempo stesso importante: di cosa hai paura ? La domanda mi lascio per qualche istante interdetto, sia per il modo in qui era giunta, sia perché mi pareva aver fatto breccia in qualche punto importante.
Le riflessioni e le meditazioni dei giorni successivi iniziarono a ricomporre i pezzi del puzzle che mancavano. Improvvisamente sembrava che i segreti di questa fobia si stessero sgretolando a poco a poco. Perché la fobia si manifestava in maniera importante durante la sera e la notte ? Perché avevo necessita di avere sempre una TV ad accompagnare le mie serate ? Perché nei periodi di maggiore serenità la fobia si manifestava in maniera meno evidente ? Mi ponevo queste domande di continuo. E fu così che una sera, dopo una meditazione di una mezz’ora circa, quando il turbamento del io si era placato aggiunsi un pezzo a quella domanda: hai paura di vomitare oppure hai paura di avere paura ? Appena qualche istante dopo avevo il sorriso sul volto. Quella domanda aveva davvero accesso un faro su una situazione che durava da troppo a lungo.
Compresi cose che stavano appena sotto la superficie della fobia e che avrei potuto osservare in qualsiasi momento. Ad esempio, guardare la TV la sera serviva semplicemente a distrarsi. Il vomito non si manifesterà se c’è la TV ? Ma certo che si manifesterà SE DEVE manifestarsi. Dunque la TV era solo uno strumento per non sentire. Ma non sentire cosa ? La risposta è semplice: l’ansia, il turbamento che agisce silenzioso sotto traccia facendo breccia sui tuoi punti deboli. E il mio punto debole era (ed è il vomito).
Passiamo all notte: oltre ad essere il momento in cui sospendiamo qualsiasi attività per riposare è anche il momento in cui si fanno i conti con le cose che non si vogliono vedere durante il giorno. Forse è più giusto dire che si ha facoltà di non vedere. Gli impegni quotidiani infatti sono un ottimo strumento per tenere la mente altrove. Ma quando ti fermi tutto ciò che hai evitato si farà sentire arrivando alla tua cosienza. E qui inizia la giostra della sofferenza: sospinti dall’ansia alcuni evitano, altri si distraggono, altri controllano. O forse affogano in tutte e tre le cose assieme.
Ciò che compresi alle fine dopo lungo tempo è quindi sintetizzabile così: il vomito è lo strumento di cui la mia ansia si serve per farsi sentire. Niente di più niente di meno. Quando ho deciso di concedere udienza alla mia ansia il problema ha iniziato a ridimensionarsi fino a diventare quasi imprecettibile.
Il prossimo sarà l’ultimo su questo tema.
A presto.
Una risposta a “Emetofobia, subito sotto la superficie [settima puntata]”