Emetofobia, subito sotto la superficie [settima puntata]

Come ho scritto nell’ultimo post sull’emetofobia durante una meditazione serale una domanda inattesa (così ho intitolato il post) ha aperto una grossa crepa nel muro della paura del vomitare. Si è trattato di una domanda inattesa poiché è arrivata dall’interno senza che io me ne potessi quasi rendere conto. Era una riflessione assai semplice e al tempo stesso importante: di cosa hai paura ? La domanda mi lascio per qualche istante interdetto, sia per il modo in qui era giunta, sia perché mi pareva aver fatto breccia in qualche punto importante.

Le riflessioni e le meditazioni dei giorni successivi iniziarono a ricomporre i pezzi del puzzle che mancavano. Improvvisamente sembrava che i segreti di questa fobia si stessero sgretolando a poco a poco. Perché la fobia si manifestava in maniera importante durante la sera e la notte ? Perché avevo necessita di avere sempre una TV ad accompagnare le mie serate ?  Perché nei periodi di maggiore serenità la fobia si manifestava in maniera meno evidente ? Mi ponevo queste domande di continuo. E fu così che una sera, dopo una meditazione di una mezz’ora circa, quando il turbamento del io si era placato aggiunsi un pezzo a quella domanda: hai paura di vomitare oppure hai paura di avere paura ? Appena qualche istante dopo avevo il sorriso sul volto. Quella domanda aveva davvero accesso un faro su una situazione che durava da troppo a lungo.

Compresi cose che stavano appena sotto la superficie della fobia e che avrei potuto osservare in qualsiasi momento. Ad esempio, guardare la TV la sera serviva semplicemente a distrarsi. Il vomito non si manifesterà se c’è la TV ? Ma certo che si manifesterà SE DEVE manifestarsi. Dunque la TV era solo uno strumento per non sentire. Ma non sentire cosa ? La risposta è semplice: l’ansia, il turbamento che agisce silenzioso sotto traccia facendo breccia sui tuoi punti deboli. E il mio punto debole era (ed è il vomito).

Passiamo all notte: oltre ad essere il momento in cui sospendiamo qualsiasi attività per riposare è anche il momento in cui si fanno i conti con le cose che non si vogliono vedere durante il giorno. Forse è più giusto dire che si ha facoltà di non vedere. Gli impegni quotidiani infatti sono un ottimo strumento per tenere la mente altrove. Ma quando ti fermi tutto ciò che hai evitato si farà sentire arrivando alla tua cosienza. E qui inizia la giostra della sofferenza: sospinti dall’ansia alcuni evitano, altri si distraggono, altri controllano. O forse affogano in tutte e tre le cose assieme.

Ciò che compresi alle fine dopo lungo tempo è quindi sintetizzabile così: il vomito è lo strumento di cui la mia ansia si serve per farsi sentire. Niente di più niente di meno. Quando ho deciso di concedere udienza alla mia ansia il problema ha iniziato a ridimensionarsi fino a diventare quasi imprecettibile.

Il prossimo sarà l’ultimo su questo tema.

A presto.

Emetofobia, una domanda inattesa [sesta puntata]

La meditazione di consapevolezza è diventata per me uno stile di vita che seguo con alti e bassi da molti anni. Non avevo proprio idea di quale cose avrei potuto imparare da essa quando iniziai a praticare ma di certo non mi aspettavo che sarebbe diventato lo strumento fondamentale per affrontare questa paura.

Durante i primi periodi di meditazione mi ero spesso posto la domanda del perché di questa fobia senza cercare di dare una risposta. Lasciavo che questa domanda agisse come un seme ed una sera durante una seduta in maniera improvvisa e non controllata è emersa una domanda, LA domanda: di cosa hai paura ? Provai una sensazione strana perché non mi sembrava frutto di un mio pensiero cosciente e non riuscivo a dare alcuna risposta. Rimasi perplesso.

Alcuni giorni dopo passai il pomeriggio con lo stomaco alle prese con un pasto di difficile digestione – facile immaginare come l’avvicinarsi della sera non facesse altro che aumentare l’asticella dell’ansia. Non cenai e mi misi a guardare la TV nel tentativo di mitigare gli effetti dell’ansia. Alcune ore dopo la situazione però non era migliorata (anzi) e pensai di usare quello che stava provando come oggetto di meditazione cercando per quanto possibile di rimanere con la paura. Avvenne l’inaspettato – dopo qualche minuto mi accorsi che era rimasta la paura ma non era più presente il motivo. Quasi non capivo il perché del mio turbamento – dovetti fare uno sforzo cosciente per ricordarlo. La domanda di qualche giorno prima assunse a quel punto un certo senso – di cosa hai paura ?

Provai quindi a fare una cosa che non avrei mai fatto prima – spegnere la TV. Rimasi nel buio consapevole del turbamento senza cercare di placarlo – il pensiero del vomito sparì completamente nel giro di qualche minuti e li mi feci la domanda più importante: ho paura di vomitare oppure ho paura di avere paura ? Dopo questa domanda l’ansia iniziò a calare.

Fu un percorso lungo per arrivare fino ad oggi dove la fobia è (quasi) completamente sparita. Un percorso in cui compresi molte cose. Nel prossimo post – probabilmente l’ultimo dedicato all’emetofobia – racconterò proprio di questo.

Emetofobia, il senzo di frustrazione [quinta puntata]

Cambia poco che il tuo problema sia il vomito, piuttosto che la paura dei germi e batteri oppure temere il fatto di stare in mezzo alla gente. Dopo un po’ di tempo, quando il tuo stato d’ansia diventa persistente, inizi a provare una grossa frustrazione che a sua volta può condizionare il tuo umore. Puoi sentirti depresso, inerme e sopraffatto ed iniziare a pensare che qualcosa in te sia sbagliato.

Per molto tempo ho provato un po’ tutte queste situazioni, soprattutto quando uscendo con gli amici mi rendevo conto di aver a che fare con situazioni che mi causavano sofferenza mentre le persone vicino a me conducevano una vita piena. Lentamente la vita diventava stretta e soffocante. La soluzione a tutto questo sarebbe stato affrontare la situazione. Permettere alla paura di dire la propria, scoprire che magari aveva qualcosa di importante da dire. Però ogni volta che mi trovavo sul punto di prendere questa decisione alla fine mi fermavo e continuavo a lasciare che questa situazione dominasse buona parte della mia vita.

Una volta ho letto che nella stragrande maggioranza dei casi le persone affette da emetofobia non si rivolgono ad una persona in grado di aiutarle perché inconsciamente sanno che questo vorrà dire affrontare il demone. Trovo che questo sia assolutamente veritiero, o almeno per me così è stato.

Un saluto e al prossimo post